Il vino dell’amicizia
Padre Paolo Dall'Oglio
Il monastero cristiano sulla «riva» del deserto (come Deir Mar Musa, dove abito), o appena dentro, è un simbolo religioso legato al cristianesimo molto apprezzato dal Profeta dell’islam: nel Corano ci sono due versetti esplicitamente positivi sulla vita monastica (Cor 5,82 e Cor 57,27). Anche altri riferimenti indiretti alla vita monastica sono positivi, così come sono chiare le indicazioni dei primi califfi a proposito della protezione da accordare ai monaci e ai monasteri, anche in tempo di guerra. La realtà cristiana, dunque, in qualche modo rientra nel mondo simbolico musulmano con una qualificazione positiva, soprattutto nella sua dimensione mistica, e dunque monastica, che risulta essere sempre attraente per i musulmani.
Storicamente, però, nell’immaginario di molti musulmani il monastero rappresenta un luogo dove si può bere vino. Questo genera equivoci. Il monastero è associato alla condizione paradisiaca, perché solo in paradiso - com’è noto - i musulmani potranno bere vino, ce ne sarà a fiumi. Anche per questa ragione, a Deir Mar Musa non beviamo quasi mai vino, tanto meno in presenza di musulmani. Con loro preferiamo bere il vino dell’amicizia, il vino dell’ospitalità. All’inizio della mia esperienza qui, quando tante cose non le capivo, notai che alcuni visitatori avevano portato alcolici, associando il bere con il monastero. Ma il monastero cristiano in terra d’islam fa parte del mondo simbolico spirituale musulmano per motivi molto più profondi. È una sentinella che annuncia il ritorno di Gesù, il figlio di Maria, il Messia. L’eremita, o il «recluso», è spesso recluso in una cella in alto, in una torre per esempio, oppure è stilita in cima alla sua colonna: sono annunciatori dell’alba, le sentinelle che scorgono i primi bagliori del Sole di giustizia.
Alcuni musulmani vengono a visitarci in un’atmosfera un po’ da picnic, ma è un momento vissuto con sacralità. Del resto, il pranzo all’aperto di primavera è un fatto tradizionalmente sacro, la gita fuori porta di Pasquetta è un’usanza che si ritrova in tutta l’area mediterranea. Di fatto, ciò significa che il monastero viene riconosciuto come luogo sacro atavico comune. Altri vengono a visitare un luogo cristiano, la chiesa, per capire in che cosa credono i cristiani: è legittima e lodevole curiosità. La nostra risposta è concreta: spieghiamo gli affreschi della chiesa, dove i misteri della nostra fede sono magnificamente illustrati. Qualcuno accende candele. Questo gesto, che esprime una preghiera di buon augurio per sé o per altri, è un antichissimo gesto religioso. Infine, alcuni recitano la preghiera canonica islamica: collettivamente nella tenda sulla terrazza del monastero, nota come la «tenda di Abramo», o individualmente in chiesa, il cui pavimento è coperto di tappeti come nelle antiche chiese d’Oriente.
Oltre ogni possibile previsione, i musulmani della regione - che sono il 97% della popolazione - riconoscono nel monastero il «loro» monastero: quindi vengono a visitare un luogo sacro che intimamente li riguarda. E anche i monaci e le monache sono sacri ai loro occhi!
Storicamente, però, nell’immaginario di molti musulmani il monastero rappresenta un luogo dove si può bere vino. Questo genera equivoci. Il monastero è associato alla condizione paradisiaca, perché solo in paradiso - com’è noto - i musulmani potranno bere vino, ce ne sarà a fiumi. Anche per questa ragione, a Deir Mar Musa non beviamo quasi mai vino, tanto meno in presenza di musulmani. Con loro preferiamo bere il vino dell’amicizia, il vino dell’ospitalità. All’inizio della mia esperienza qui, quando tante cose non le capivo, notai che alcuni visitatori avevano portato alcolici, associando il bere con il monastero. Ma il monastero cristiano in terra d’islam fa parte del mondo simbolico spirituale musulmano per motivi molto più profondi. È una sentinella che annuncia il ritorno di Gesù, il figlio di Maria, il Messia. L’eremita, o il «recluso», è spesso recluso in una cella in alto, in una torre per esempio, oppure è stilita in cima alla sua colonna: sono annunciatori dell’alba, le sentinelle che scorgono i primi bagliori del Sole di giustizia.
Alcuni musulmani vengono a visitarci in un’atmosfera un po’ da picnic, ma è un momento vissuto con sacralità. Del resto, il pranzo all’aperto di primavera è un fatto tradizionalmente sacro, la gita fuori porta di Pasquetta è un’usanza che si ritrova in tutta l’area mediterranea. Di fatto, ciò significa che il monastero viene riconosciuto come luogo sacro atavico comune. Altri vengono a visitare un luogo cristiano, la chiesa, per capire in che cosa credono i cristiani: è legittima e lodevole curiosità. La nostra risposta è concreta: spieghiamo gli affreschi della chiesa, dove i misteri della nostra fede sono magnificamente illustrati. Qualcuno accende candele. Questo gesto, che esprime una preghiera di buon augurio per sé o per altri, è un antichissimo gesto religioso. Infine, alcuni recitano la preghiera canonica islamica: collettivamente nella tenda sulla terrazza del monastero, nota come la «tenda di Abramo», o individualmente in chiesa, il cui pavimento è coperto di tappeti come nelle antiche chiese d’Oriente.
Oltre ogni possibile previsione, i musulmani della regione - che sono il 97% della popolazione - riconoscono nel monastero il «loro» monastero: quindi vengono a visitare un luogo sacro che intimamente li riguarda. E anche i monaci e le monache sono sacri ai loro occhi!
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