Lettera agli Amici 2006
Le notizie di Deir Mar Musa
Cari Amici, Care Famiglie,
Eccoci alla fine dell’anno 2006… E` il momento di scrivere questa lettera ormai tradizionale. Come regalo di Natale, troverete dei testi sul nostro sito (www.deirmarmusa.org) fra una decina di giorni. Nathalie (ve la presenteremo dopo) ha decifrato alcuni manoscritti di Padre Paolo che erano rimasti inediti... tra l’altro, la Lettera agli Amici 2003 che non avete mai ricevuto, ed una versione inedita di quella del 2004. Il regalo non è molto divertente perché le questioni trattate sono gravi, ma è con molto affetto che condividiamo con voi le nostre preoccupazioni ed i nostri impegni.
Incarnazione
Questi ultimi giorni, durante la catechesi monastica del mattino, abbiamo riflettuto all’Incarnazione. Vi sono lì tre atti divini:
Il primo è dare un figlio a Maria senza papà, come al primo giorno della Creazione, quando lo Spirito si librava sulle acque, ed anche come al sesto, quando Dio plasmava l’argilla a sua immagine.
Il secondo atto è quello che si ripete per ogni figlia ed ogni figlio al momento del concepimento nel grembo della madre... Quest’atto divino è concomitante normalmente con la festa suprema dell’amore umano. E` quando Dio “crea” nella persona, con il soffio del suo Spirito, quel desiderio, quella capacità, quella nostalgia eterna d’unione alla vita divina. Questa creazione riguarda ciò che è normalmente chiamato “anima immortale”, o qui in Oriente, “spirito della persona umana”, ben più misterioso ed elevato dell’anima razionale. E` bene ripetere che, secondo la fede cristiana, questo non avviene di generazione in generazione automaticamente. E` Dio direttamente ed intenzionalemente all’appuntamento, per creare in ognuno dei nostri figli “l’organo” capace dell’atto della fede.
Infine, il terzo atto divino: questo bambino umano, completamente umano, unito radicalemente e definitivamente al gesto divino personale d’esprimere umanamente, per gli umani, a loro favore, la volontà di Dio di farsi vedere da noi, di rivolgersi a noi, di venire, d’abitare tra noi per fare di noi la sua famiglia. E` lì che, infine, nell’avvenimento di questo bambino divino, guadagniamo gratuitamente lo statuto d’adulti, la somiglianza divina, l’autonomia radicale, la nostra differenza da un mondo troppo o troppo poco divino... Per metterci in cammino, attraverso la fede in lui, l’uomo di Nazaret, verso il seno del Padre.
La stagione e la terra
Siamo in inverno. Abbiamo avuto buone piogge all’inizio dell’autunno, adesso è il “grande secco”. L’orzo che abbiamo seminato un po’ dappertutto per il nostro gregge in aumento rischia di essere bruciato dal gelo. Intorno a noi, i pastori sono angosciati. Rima, un’amica, sta facendo un dottorato nell’ambito della vegetazione dei nostri pascoli, ma da questo a razionalizzare un’attività completamente messa a soqquadro dalla desertificazione, ce ne vogliono di dottorati! La copertura vegetale è distrutta da una stabilità eccessiva delle greggi che non transumano abbastanza e sono troppo numerose. Molti allevatori non accettano più la vita nomade. Il trasporto meccanico delle greggi, nonché dei foraggi e dell’acqua, non fa che aumentare i fattori di desertificazione. Ormai, in parte protetta da un decreto ministeriale, la nostra valle fa veramente eccezione perché vi si osserva una ripresa della vegetazione abbastanza visibile. Abbiamo un bel dire che i semi delle piante protette volano generosamente verso i pascoli di tutti; i pastori vicini guardano la nostra valle dall’alto della montagna con una certa gelosia. Avremo bisogno quindi di più communicazione, solidarietà concreta ed esperienze riuscite.
Lo stato del nostro gregge migliora e, soprattutto, c’è più stabilità umana a causa della famiglia di pastori che lavora con noi e che si appassiona per il suo lavoro, a tal punto che pensiamo di comprare una mucca per coprire il periodo in cui le capre non hanno latte.
A Qaryatayn, l’attività agricola si sviluppa bene e, quest’anno, la raccolta delle olive è stata incoraggiante. Vorremmo creare un frantoio a freddo per olive “bio” perché, nel deserto, ci sono meno parassiti da combattere. Cerchiamo buone idee ed aiuti per realizzare questo progetto. Le sperimentazioni sulle piante medicinali proseguono bene e la produzione aumenta. Esperimenti di produzione di marmellate fatte in casa (cotte al sole), realizzati dalle famiglie del paese, devono essere perfezionati perché la commercializzazione sia possibile. Per il momento, a Deir Mar Musa, apprezziamo le scorte invendute! Un gran lavoro di programmazione e di sperimentazioni è in corso per la riabilitazione delle vaste terre del monastero di Mar Elian. Vista la poca acqua e la vasta superfice, è soprattutto verso l’attività di pascolo razionalizzato che bisognerà orientarsi.
Risorse e relazioni umane
Durante l’estate, abbiamo ricevuto in dono un minibus dodici posti offerto da amici generosi. E durante la prima gita d’inaugurazione sulla montagna magnifica dell’Anti-Libano, c’erano :
Diane, francese di Normandia, che, dopo due anni di volontariato come ingegnere agricolo, ci ha raggiunti in qualità di postulante,
Yussef, di Maalula, e Daniel, di Tartus, che sono i due nuovi novizi siriani,
Dima, che, offrendo una commuovente testimonianza di gioia, ha fatto professione monastica in settembre,
Jihad, che è stato ordinato suddiacono sulla piazza del suo paese (la gioia era tale che il papà si è ritrovato guarito d’un male che gli aveva dato noia tutto l’anno; abbiamo dunque deciso di ordinarlo diacono l’estate prossima...),
Jens, che ha trascorso il mese di luglio in Iran, aprendo una pista che la Comunità vorrebbe percorrere negli anni futuri,
Boutros, la cui barba cresce fluente con qualche fiocco di saggezza... (promette bene!),
Huda, che, terminato il quarto e penultimo anno di studio a Roma, incomincia a respirare di nuovo l’aria di casa,
Jacques, che ha vissuto un anno glorioso a Qaryatayn,
E Paolo al volante della Comunità; ché infatti la macchina è guidata da tutti coloro che hanno la patente. E` stata giustamente battezzata “Diaconia”, che significa “servizio”! (Padre Paolo ha fatto poi un incidente spettacolare. Grazie a Dio, i danni sono solo materiali ed... economici!)
La nostra Comunità s’è impoverita di qualche membro prezioso. Khulud ha rinunciato al noviziato per il momento; non è infatti ancora detta l’ultima parola. Eglantine, volontaria del Sud-Ovest francese, che aveva una presenza così discreta e laicamente contemplativa, ha lasciato un grande vuoto, non soltanto nel cuore dei gatti! Non avendo trovato ragioni valide per rimanere a Deir Mar Musa più a lungo, è tornata in Francia dove lavora come giornalista per il gruppo Le Monde. A dirla francamente, non abbiamo veramente l’impressione che la Comunità abbia perso Eglantine, ma piuttosto che ha aperto una succursale a Parigi. Il Signore, nella sua provvidenza, s’è preoccupato di noi e ci ha mandato un’altra volontaria, Nathalie, marsigliese, che ha cominciato bene il suo servizio in biblioteca e in segreteria. Se nessuno risponde alle vostre mails, chiedetele aiuto! Ah, oltre che in Francese, se la cava molto bene anche in Italiano e niente male in Inglese, ed è donna di grande disponibilità. Anche Diane è stata sostituita, nella sua qualità d’ingegnere agronomo, da un altro volontario, Stéphane, francese della Bretagna, che mostra una capacità di rapido adattamento all’estrema complessità dei nostri sogni.
La squadra dei nostri collaboratori laici locali è ormai ben consolidata con uno staff di padri di famiglia molto impegnati (Amin, Marwan, Mehiar, Abu Riad, Abu Raed). Sulle loro orme, avanza tutto un gruppo di giovani, tanto cristiani quanto musulmani, il che fa del “dialogo di vita” la vita di tutti i giorni.
La nostra contabile, l’altra Huda, lavora ormai a casa perché è al quinto mese di gravidanza, e salire tutti quei gradini fino al Monastero le diventa difficile. Suo marito, Adib, insegna matematica in una scuola e prepara la pubblicazione dei libri che dovrebbero uscire in Arabo nella nostra nascente casa editrice, da lui diretta. Adib e Huda abitano a Nebek, in una casa tradizionale ed accogliente, che diventa una tappa apprezzata da molti. Frédéric e Stéphanie hanno trovato una sistemazione nella parte araba della Città Santa dopo essersi sposati in campagna, in Francia, in maggio, con la presenza di Dima e Paolo. Sono impegnati in profondità sugli assi spirituali abramitici che fondano la nostra Comunità. E` come un cerchio che si allarga per la gioia di molti. Altre famiglie si sentono molto vicine a noi in diverse parti del mondo. Si strutturerà questo in qualche modo? Le nostre costituzioni monastiche trattano già di questa relazione impegnata tra il Monastero e i suoi amici, non necessariamente cristiani.
Abbiamo finito il mese ignaziano degli Esercizi spirituali. Erano in quattro i protagonisti di quest’anno: Daniele, il novizio, Myra, l’orientalista californiana d’origine filippina, Cilia, olandese, anche lei arabista, e Mary, scozzese, psicoterapeuta molto sperimentata, che scopre con sorpresa il suo desiderio d’associarsi alla nostra vita. Tra gli ospiti di lungo periodo, non possiamo dimenticare un altro Yussef, questa volta d’Aleppo: era marinaio e le onde della vita l’hanno condotto al nostro argine. La sua presenza è dolce e disarmante.
Un’altra novità notevole è stata la pubblicazione in marzo, da parte della casa editrice parigina Albin Michel, del libro della nostra carissima amica Guyonne de Montjou, “Mar Musa, un monastero, un uomo, un deserto”. La nostra amicizia è stata coronata dal suo matrimonio con Anton in ottobre, nella Chiesa di Deir Mar Musa. Il libro è stato giudicato commuovente e interessante da molti. Qualcuno, tra i lettori di questa lettera, avrebbe una buone idea per poter tradurlo in altre lingue?
L’autrice ha dedicato il libro a Padre Jean-François Six, perché tutto è legato! Padre Six, è, tra l’altro, il responsabile dell’Unione dei Fratelli e delle Sorelle di Gesù, Sodalizio Charles de Foucauld. Il Lunedì dell’Angelo, Paolo era a Parigi per la riunione dei coordinatori di lingua di quest’associazione. Il Padre Charles de Foucauld l’aveva personalmente fondata e ne aveva scritto il direttorio. Si tratta d’un’unione di battezzati, d’ogni stato, rivolta a coloro che desiderano vivere il mistero di Nazaret, sviluppare e prolungare il carisma di Charles de Foucauld in un impegno di vita evangelica particolarmente attento al rispetto ed alla considerazione per ogni cultura e per il valore d’ogni persona. E` questo ciò che Fratel Carlo ha testimoniato nella sua vita e nella sua morte in Algeria. Paolo è stato disegnato coordinatore per la lingua araba, e quindi ha iniziato con Adib il lavoro di traduzione del direttorio. L’importanza dell’esperienza del Beato Charles de Foucauld per il rinnovamento evangelico e la presenza della Chiesa nell’ambiente musulmano è nota. Louis Massignon, il grande islamologo cristiano, aveva ripreso l’Unione e, proseguendo sulla stessa linea, aveva anche creato un gruppo chiamato “Badaliyah”, pensato soprattutto per i cristiani nei paesi dell’Islam. C’è lì una delle sorgenti della spiritualità della nostra Comunità.
Costruzioni, progetti ed attività
In questo momento, le nostre squadre sono impegnate in tre cantieri.
Il primo sarebbe dovuto essere facile e veloce, e non è stato così. Si tratta di risanare e ristrutturare gli ambienti, soprattutto delle grotte, che erano utilizzati, nel quartiere dei monaci, come stalle per le capre. Sette notevoli celle stan per essere completate per i membri della Comunità e per gli ospiti. Al di sopra, ci saranno dei bagni per i piani superiori. Era una richiesta insistente, ripetuta specialmente in inverno. Questo cantiere sarà coronato dalla costruzione d’una piccionaia “come si deve” pensata da Stéphane. La riserva naturale intorno al monastero offrirà il cibo ai piccioni che, a loro volta, offriranno un buon nutrimento a monaci ed ospiti, secondo la più antica tradizione del deserto.
Il secondo cantiere è quello del monastero di el-Hayek. Dura da sette anni, ed il risultato stupisce tutti. Persino gli operai hanno l’impressione che sia stato costruito da altri. Pare sia stato lì da sempre, incastonato nella montagna ed scolpito nella roccia. Prevediamo di costruire ancora una quindicina di camere: quattro all’ultimo piano dell’ala sud, con una cappella, e le altre lungo il muro di cinta. Queste celle servirano più per gli ospiti in ritiro spirituale, o impegnati in altra attività, che per i residenti stabili. Cerchiamo amici che abbiano il desiderio di “costruirsi” una camera qui. Calcolando i bagni ed il grande serbatoio d’acqua finale, fanno 4000 euro per camera. Occorre dire che contiamo sui nostri amici perché questo tipo di progetto è difficile da finanziare diversamente. Una volta impiantati l’ascensore e la teleferica per le persone anziane e gli andicappati, tutti i nostri sogni di pietra saranno realizzati! Entro il 2010? C’è davvero una ragione sufficiente per costruire tutto questo? Pensiamo di sì. I locali del monastero storico diventano infatti sempre più dei luoghi di servizio piuttosto che di residenza. Già ora, le nostre attività culturali e spirituali attirano un numero importante di persone e crediamo siano da sviluppare. Pensiamo quindi d’aver bisogno di spazi differenziati: da una parte per la Comunità e gli ospiti più motivati (appunto Deir el-Hayek e la casa dei monaci nota col nome di Deir er-Ruhban), dall’altra per la gente di passaggio, i turisti e i pellegrini (per il momento, il monastero storico, ed in prospettiva, il Centro per i Visitatori).
Quest’anno 2006, Deir el-Hayek ha vissuto cinque avvenimenti maggiori, oltre una festa di Natale magnifica.
In primavera, c’è stato il seminario degli apicoltori. Le api sono considerate qui come un popolo credente ed attirano persone con una spiccata inclinazione spirituale per la natura.
Un seminario di studio con partner locali è stato organizzato (esperti, pastori, contadini, monaci e monache), per scrivere un progetto di lotta alla desertificazione da presentare alla Banca Mondiale.
In agosto, malgrado la guerra in Libano, avemmo il consueto seminario interreligioso. Il titolo era: “Dottrine e questioni per valicare assieme il passo verso orizzonti di speranza.” Erano presenti amici, tanto sunniti quanto sciiti, protestanti, ortodossi e cattolici, in un’atmosfera d’isola benedetta in mezzo ai marosi. Eppure l’angoscia e persino la rabbia erano lì, con un forte sentimento d’impotenza.
Qualche giorno prima, avevamo avuto la visita d’un gruppo numeroso di giovani europei e palestinesi impegnati in un seminario interculturale. Il giorno seguente, si teneva il vertice di Roma per il Libano ed abbiamo trascorso una gran parte della notte redigendo un fax per il Presidente Prodi! (deirmarmusa.org/page/PresidenteProdi2006-07-26ita.HTM)
In settembre, c’è stato l’incontro dei Gesuiti d’ogni provenienza impegnati negli studi islamici ed il dialogo. Abbiamo organizzato anche una giornata aperta a tutti, ben riuscita. Era la prima volta che un gruppo poteva godersi Deir el-Hayek per dormirci, mangiare e pregare, oltre che per le riunioni naturalmente. E` andato benissimo, anche se le camere erano ancora in cantiere e abbiamo dovuto chiedere alle monache di lasciare posto ai reverendi Padri. I nostri ospiti hanno anche potuto apprezzare la nuova sala di lettura della biblioteca, molto luminosa ed accogliente.
L’ultimo gruppo è stato quello del “Cammino di Abramo”; ne riparleremo più avanti.
Eccoci quindi al terzo cantiere. Si tratta della realizzazione del Centro per i Visitatori in fondo alla valle del monastero. Il Ministro dell’Agricoltura ha già decretato la messa a disposizione d’un vasto terreno dello Stato. Un grande serbatoio d’acqua è in via di realizzazione sotto la direzione del nostro Marwan. C’è stato un finanziamento delle infrastrutture di base da parte dell’UNDP, l’agenzia delle Nazioni Unite per lo Sviluppo. Lo Stato sta trivellando un nuovo pozzo. Questo procede lentamente, ma siamo già abbastanza in profondità. Ci sono stati molti problemi con la perforatrice perché i pezzi di ricambio americani non sono disponibili a causa delle sanzioni contro la Siria. Tutto questo progetto è realizzato in collaborazione tra lo Stato Siriano, dei partner locali e la nostra Comunità. Abbiamo trattato ampiamente del tema del Centro per i Visitatori nella lettera del 2005 e ad essa rinviamo. (http://www.deirmarmusa.org/page/Amici2005ita.HTM)
La questione del Giardino della Riconciliazione, con l’idea di costruire una chiesa ed una moschea in nome di Abramo, rimane aperta ed oggetto di discussione. La Facoltà d’architettura dell’Università privata del Qalamoun, non lontana da Deir Mar Musa, è molto interessata a collaborare. Non sappiamo se sarà possibile organizzare fin dal 2007 una mostra di progetti architettonici ed artistici in vista della realizzazione di questo sogno. Se questa mostra si farà, sarà in dialogo con tutte le parti coinvolte, a cominciare dalla Chiesa locale. L’abbiamo ripetuto mille volte: non si va ai Musulmani saltanto al di sopra delle teste dei Cristiani orientali che, quanto a loro, hanno saputo realizzare un dialogo di vita ed una vera e concreta armonia lungo i secoli.
I visitatori che arrivano al parcheggio del monastero trovano, in mezzo ad un’aiuola, una roccia, eretta in occasione del nono seminario di primavera dedicato all’ambiente, con una targa commemorativa della posa della prima pietra del Centro per i Visitatori. Non lontano da lì, all’inizio del sentiero, si trova il negozio del monastero creato quest’anno da uno sforzo ispirato e diretto dalla nostra Diane, con la partecipazione del genio artistico di tutto un gruppo abbastanza variegato di persone. Nel negozio, sono esposti prodotti artigianali provenienti da diverse associazioni di volontariato locali, creando così un’occasione di relazioni solidali. Vi si trovano anche i nostri libri, dei souvenirs, dei prodotti agricoli di Deir Mar Musa e di Qaryatayn, e presto delle cartoline e dei posters. Ci sono inoltre degli oggetti di pietà che cerchiamo di scegliere semplici e belli, con obbligate concessioni al gusto popolare. I rosari, tanto cristiani quanto musulmani, sono molto richiesti. Le icone non mancano, tanto nella forma di immagini stampate ed incollate su legno quanto in quella di vere icone dipinte, secondo la tradizione locale, dal nostro grande amico damasceno Abu Charbel. Il nostro Elias lavora nel negozio in permanenza con un certo entusiasmo. Vi ricorderete; è colui che aveva provato a spiccare il volo dal terrazzo del monastero e che gli angeli avevano raccolto... Però non può più lavorare al sole. Alcuni sono gelosi e dicono: “Voglio buttarmi anch’io!”
Legata al Centro per i Visitatori, è l’iniziativa del “Cammino di Abramo” (www.abrahampath.org). In novembre, un gruppo di studio itinerante, con gente di dodici nazioni e di differenti appartenanze religiose (le tre abramiche ed altre), composto da rappresentanti di diverse organizzazioni e coordinato da un seminario dell’Università di Harvard, ha percorso in autobus le tappe principali. Paolo ha partecipato a cominciare dalla Turchia, da Urfa e Harran, dei luoghi tradizionalmente abramitici. Deir Mar Musa ha ospitato il gruppo con molta consolazione spirituale malgrado le pesanti incomprensioni locali che hanno impedito incontri più qualificati. Ma l’essenziale è fatto: la via è aperta... E` un sentiero, non un’autostrada... In un certo senso, è quello che volevamo, perché la portata di quest’iniziativa è più spirituale che politica, più escatologica che storica. In Giordania, le autorità si sono mostrate molto favorevoli ed un gruppo di lavoro s’è messo all’opera per cartografare il cammino sul modello di quello di Compostella, benché con i necessari adattamenti locali. Il gruppo ha proseguito il cammino verso Gerusalemme ed Ebron (al-Khalil), accolto bene dagli esponenti di tutte le comunità locali. Paolo li ha lasciati in riva al Giordano per dedicarsi ad una pia visita al luogo del battesimo di Cristo. Questo luogo tradizionale colpisce molto per i resti di chiese bizantine. Si visita anche una piccola chiesa, costruita di recente, di grande bellezza; sulle pareti, degli affreschi con i Padri e le Madri del deserto, soprattutto palestinesi. Paolo ha anche potuto visitare l’eremitaggio di Maria Egizia che contiamo tra i nostri fondatori spirituali. Non è sorprendente che la tradizione indichi in questo stesso luogo il rapimento del profeta Elia. Che concentrazione di simbologia spirituale! Questo luogo costituirà una meta di pellegrinaggio importante per i novizi della Comunità. Non lontano da lì, ha visitato il Monte Nebo, dove Mosè ha visto la Terra promessa prima di morire, come dice la Tradizione, baciando le labbra dell’Eterno. Abita lì un piccolo gruppo di Francescani archeologi che ha saputo ricreare un luogo spirituale, artistico, biblico e, perfino ambientale di vera bellezza ed aperto a tutti. Dopo una buona tazza di caffè italiano, Paolo ed i Frati si sono detti arrivederci a Deir Mar Musa.
Alla fine di questa sezione della Lettera agli Amici, ci fa piacere comunicarvi che la Comunità ha ricevuto, da parte della Fondazione Euro-mediterranea Anna Lindh per il Dialogo tra le Culture e della Fondazione Mediterraneo, il Premio per il Dialogo tra le Culture 2006 con il tema “Mutuo rispetto tra persone di diverse religioni e di ogni credenza”. In novembre, Paolo è partito a Tampere per ricuperare il trofeo che gli è stato consegnato dal Ministro degli Affari Esteri finlandese durante il contemporaneo vertice euro-mediterraneo.
Grandi novità nella relazione ecclesiale!
Quando Paolo è arrivato in febbraio in Vaticano, fu come sorpreso da un’atmosfera d’ottimismo. Si è detto allora che il Padre Charles de Foucauld aveva fatto il miracolo che gli avevamo chiesto al momento della beatificazione nel novembre del 2005. Ebbene, c’era stata la riunione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede e la decisione era presa: non c’era motivo per condannare dogmaticamente il rifondatore di Deir Mar Musa e le costituzioni del Monastero erano giudicate approvabili. C’era ancora qualche correzione da fare ma niente d’essenziale. Il nostro amico il Cardinale Musa Daud era felice, oltre che sorpreso, di poter comunicare a Paolo tutte quelle buone notizie. Paolo ha chiamato subito la Comunità in Siria e a Cori per dare la notizia. Avevamo l’impressione di sognare! Qualche giorno dopo, eravamo a Cori con i nostri amici per festeggiare la decisione del Vaticano nella “nostra” antichissima Chiesa di San Salvatore che aveva appena ritrovato il suo tetto. Era il Vangelo degli otri nuovi per il vino nuovo. Un amico gesuita di più di 80 anni ha esclamato: “Com’è bella la Chiesa, sempre capace di creare otri nuovi per il vino nuovo dello Spirito!”
Infine, in ottobre, la Congregazione per le Chiese Orientali ha comunicato al nostro Vescovo di Homs che, 1, le nostre costituzioni erano dogmaticamente corrette, e che, 2, la nostra forma di vita religiosa non rappresenta nulla di propriamente nuovo dal punto di vista strettamente canonico. Così, il Vescovo può ormai approvare la nostra Comunità monastica benché, per iniziare, in modo sperimentale, come previsto dai canoni. La cosa può apparire un po’ strana dopo venticinqu’anni d’impegno... Ma i romani dicono che la gatta presciolosa fece i gattini ciechi! Quest’ultima buona notizia ci è giunta durante l’Avvento, secondo il nostro Rito siriaco, nella domenica della Visitazione di Maria ad Elisabetta, in concomitanza con la visita del Papa alla Moschea Blu d’Istanbul. Tutto si tiene! Entriamo dunque in una nuova fase profondamente legata all’evoluzione delle relazioni all’interno della Chiesa locale. Siamo circondati dall’amicizia e la solidarietà del Vescovo, dei preti e dei fedeli che ci conoscono ormai da così lungo tempo. Dobbiamo certamente fare un nuovo sforzo per ritradurre nella lingua e la mentalità di qui l’essenziale di ciò che sappiamo essere il nostro carisma e la nostra vocazione. Crediamo nella Chiesa locale, è dunque uno sforzo che ci è dolce.
Qualche osservazione sulla situazione politica
Diverse persone in Comunità pongono delle domande a Padre Paolo per cercare di capire una situazione politica sconcertante per complessità e drammaticità. Ecco un tentativo di dare delle risposte che non pretende d’essere né comprensivo né esaustivo.
In questa fine d’anno, la Siria si trova come rilanciata, tanto a livello regionale quanto globale. Il cambiamento di rotta in America, con l’elezione del nuovo Congresso, ed anche in Italia, con la caduta di Berlusconi ed il ritorno di Prodi, hanno cambiato qualche dato. Ciò non toglie che il nostro Paese qui, la Siria appunto, si sente come soffocato da una contingenza regionale d’estrema difficoltà: Iraq, Libano, Palestina! In più, la nostra società ha i suoi propri problemi che si possono riassumere con la parola “ritardo”: economico, strutturale, democratico. Comunque ciò non impedisce uno “sviluppo” notevole: demografico, tecnologico, organizzativo e perfino culturale.
Il tessuto nazionale tiene. In generale, la fiducia nella presidenza del Dott. Bashar el-Assad rimane forte, e per certi settori della popolazione, è perfino aumentata in occasione di quella che è stata percepita qui come la vittoria dell’alleanza Siria-Hezbollah nella guerra israelo-libanese. Coloro che vorrebbero distruggere, per diverse ragioni, la Siria baathista, arrivano indeboliti al traguardo di fine d’anno: l’amministrazione Bush, una parte dell’amministrazione Chirac ed anche il governo israeliano.
Si può quindi scommettere sulla stabilità del Paese garantita dalla volontà di quasi tutte le componenti della popolazione siriana d’evitare ad ogni costo il bagno di sangue d’una guerra civile. La stabilità è anche garantita dalla reale forza dello Stato e dall’indebolimento delle volontà straniere destabilizzatrici.
Dal punto di vista regionale, tanto per salvare la stabilità interna che per sviluppare la sua influenza, la Siria agisce come un fattore di salvaguardia dell’unità nazionale dell’Iraq, del Libano e della Nazione palestinese. Ciò non impedisce al nostro Paese di sviluppare le sue alleanze e le sue strategie in una logica: di opposizione e di resistenza alla globalizzazione monopolare, di rinnovamento strutturale del mondo arabo (modernizzazione), di partecipazione al movimento di rinascita del mondo musulmano e di attivazione d’ogni alleanza auspicabile, dall’Asia Orientale all’America Latina.
L’amicizia solidale con l’Iran è ormai di lunga data ed ha la sua radice, secondo l’opinione di parecchi osservatori, tanto nel vasto processo d’emancipazione sciita quanto nel ruolo rivoluzionario dell’Iran khomenista.
La Siria è fiera del grado d’armonia vissuto giorno per giorno tra le differenti componenti religiose della sua società. Alcuni dicono che questo non dipende che dalla forza bruta dello Stato. Non è la nostra opinione, poiché l’armonia sociale interreligiosa è una costante culturale di questo Paese e s’impone alle Istituzioni piuttosto che dipenderne. Ovviamente la storia deve registrare delle eccezioni spiacevoli ed i processi d’emulsione culturale globale fan sì che le tradizioni locali non sono più in grado di caratterizzare da sole la vita in comune. Ormai, la vita in comune dipende molto dalla complessità delle strutture d’appartenenza culturale trasnazionale. Dunque, effettivamente, anche con l’aiuto dei mass media, si rischia di dipendere, sul territorio, dai sentimenti, le reazioni, gli avvenimenti che hanno a che fare con elementi identitari che non sono unicamente “arabo-siriani”. Questi possono essere la lingua, come per i Kurdi, gli Armeni, una parte dei Siriaci ed altri, o l’affiliazione ad un’“universalità” religiosa come quella sunnita, sciita, cattolica, ortodossa, ecc. A ciò si aggiungono delle particolarità locali nel senso vicino orientale del termine, come quella alauita (notoriamente legata alla famiglia del Presidente, che ha scelto però di sposare una donna sunnita di grande levatura culturale), quella ismaelita e quella druza; tutte storicamente legate allo sciismo ma molto caratterizzate ed autonome.
Per la Siria, la priorità è quindi costituita tanto dall’unità nazionale quanto dalla creazione di risorse economiche sufficienti a rispondere ai bisogni d’una popolazione rapidamente in crescita. Ciò s’accompagna ad un desiderio d’emancipazione, una richiesta di giustizia, perfino di rivincita, rispetto ad una situazione regionale che è percepita qui come caratterizzata da una vera persecuzione da parte della Nazione sionista e del suo alleato l’Occidente nei confronti della Nazione araba e della Umma musulmana. Tutto questo non ha impedito al Presidente di tendere, a fine anno, un ramoscello d’ulivo nella forma d’una proposizione di pace concreta, poiché la strategia della tensione è considerata, in definitiva, come perdente.
Se la Siria rimane l’alleata di Hezbollah e di Hamas, è per più ragioni. Innanzitutto, sono degli Arabi che combattono il nemico sionista (lo fanno per ragioni religiose e questo aggiunge energia e visione al combattimento e gli arreca un largo sostegno popolare). Secondo, questi due movimenti rappresentano bene un’atteggiamento popolare e rivoluzionario volto alla realizzazione d’un sogno d’emancipazione da strutture del potere che sono percepite come espressione del tradizionalismo reazionario, sottomesso ad una logica di mercato neocolonialista, com’è il caso per le monarchie e gli emirati del Golfo. Inoltre, la Siria ricupera così delle carte da gioco sul tavolo della strategia regionale. Altri giocano sullo stesso scacchiere (si pensi ad Israel ed ai suoi alleati), coniugando in modo davvero sorprendente, le prediche di morale con la pratica del massacro di civili inermi. Abbiamo l’impressione qui d’essere sempre perdenti, qualunque sia il vincitore delle elezioni nei paesi dei grandi decisori occidentali! Ciò non significa affatto che la Siria desideri entrare in un processe rivoluzionario poiché invece la parola d’ordine resta quella della gradualità riformista.
Infine, ritengo che l’ottimismo sarà vincitore, soprattutto qualora sarà capace d’accompagnarsi ad una flessibilità adeguata alla necessità d’aggirare le contraddizioni e le incoerenze d’un corpo sociale violentemente sollecitato dall’esterno e profondamente agitato al suo interno. A mio parere, l’essenziale è di non cedere ad una logica machiavellica ed immorale, tanto sul piano locale come su quello internazionale. Il nostro atteggiamento vuol essere quello d’una trasparenza costruttiva e mossa da una idealità che evita l’ideologia e le soluzioni prefabbricate... Vogliamo essere dei partner sinceri e disinteressati. Alcuni tendono ad utilizzare la bella comprensione interreligiosa siriana in funzione d’altro genere d’interessi... Di conseguenza, altri, dentro e fuori il Paese, non credono più in questa bella comprensione. Noi continuiamo a crederci e vogliamo che essa si sviluppi senza maschere. La moderazione e la mediazione non sono soltanto dei mezzi; configurano uno stile ed un’ascesi di vita.
Quest’anno, la nostra preoccupazione per il Libano è stata grave. In questa fine d’anno, va un po’ meglio: sembra che nessuno voglia scatenare una guerra civile. I nostri cristiani soffrono d’un’angoscia particolare perché, per i cristiani orientali, il Libano è un grande simbolo e rappresenta inconsciamente una specie di scialuppa di salvataggio...
E` impossibile trovare due libanesi che offrano la stessa analisi della situazione la quale rimane comunque alquanto delicata. Molti pensano che un cambiamento costituzionale sia necessario.
Gli sciiti sono diventati più importanti nel Paese rispetto al momento della sua indipendenza. Richiedono quindi un peso corrispondente. Ritengono d’aver salvato l’onore del Paese con la resistenza contro Israele e con la vittoria dell’estate scorsa. Gli altri (i sunniti, i druzi ed una larga parte dei cristiani) hanno soprattutto paura d’un Libano all’iraniana. Lo vogliono piuttosto indipendente (rispetto alla Siria innanzitutto), filo-occidentale ed in buona relazione economica con il Golfo arabo sunnita.
E` vero anche che gli sciiti rappresentano un desiderio d’emancipazione sociale e culturale che è popolare anche tra la gente d’altre comunità d’appartenenza. Non è tanto sorprendente che il populista Aun si sia schierato dalla loro parte con il suo ormai piccolo partito cristiano.
I sentimenti dei Palestinesi in Libano sono probabilmente non unanimi, ma nel loro desiderio d’emancipazione, non possono che schierarsi da parte di Hezbollah, benché non abbiano partecipato alla guerra durante l’estate.
Aumenta il numero di coloro che pensano che la soluzione sia in una cantonizzazione del Libano, pur salvaguardando la sua unità essenziale. Si tratterebbe così di riconoscere il peso reale delle differenti comunità e d’evitare lo scoppio di conflitti civili, pur conservando interi i diritti all’autodeterminazione e all’autonomia delle comunità più indebolite, com’è il caso dei cristiani. Ma i libanesi ci sorprenderanno forse di nuovo inventando qualcos’altro; ed è spesso vero che le soluzioni temporanee possono essere migliori di soluzioni definitive non (ancora) auspicabili o possibili. Continuiamo a seguire il dossier e a pregare!
Cosa dire di nuovo sull’Iraq? Non è qui il luogo per sviluppare un’analisi complessiva. Vorrei semplicemente attirare l’attenzione sul fatto che la situazione ha reso la vita difficile, spesso impossibile, ai cristiani, con l’eccezione del cantone kurdo. L’insicurezza è totale, la gente scappa. Questo è vero per tutti, non soltanto per i cristiani. I sunniti e gli sciiti sono ormai in guerra gli uni contro gli altri. Hanno ognuno un progetto e vogliono ognuno conquistare o difendere uno spazio, ma i crisitiani sono molto minoritari dappertutto e senza difesa sul territorio, incapaci quasi dappertutto d’organizzare un’autodifesa su base tribale o comunitaria. Già, negli anni 90, erano emigrati in massa da un paese in deriva suicida... Ormai la loro diaspora nel mondo attira il resto. Centinaia di migliaia d’iracheni sperano di trovare in Siria il trampolino per un’emigrazione definitiva. Per i cristiani, essa è culturalemente più definitiva che per gli altri. Quando si pensa alle meravigliose comunità cristiane di lingua siriaca che si sono sviluppate in Mesopotamia (ma anche in Iran, fino in Afganistan, in India, in Cina) prima dell’Islam ma anche in piena epoca islamica, con una partecipazione attiva, geniale alla creazione della civiltà araba, non si può che rimpiangere l’incapacità colpevole dell’Occidente, in questo caso soprattutto americano, d’immaginare qualcos’altro dell’“anarchia geniale” e dell’invasione facile.
E` questo cinismo occidentale che ci rivolta (sì, non è l’unico cinismo al mondo, ma è il più potente per il momento). E` questo cinismo che fa, dei regimi dittatoriali, dei clienti (alla libica), o pretende di passare immediatamente alle democrazie “escatologiche” (all’afgana) altrettanto sottomesse alla logica del profitto liberale che le dittature precedenti e non meno corrotte. Ora, il fatto è che il progetto non funziona così bene quanto potevano sognarlo i “Neoconservatori”.
Confesso d’essermi sbagliato! Pensavo che l’apparizione d’al-Qaida in Iraq sarebbe stata temporanea ed inconcludente. Succede il contrario. E` stato creato un vasto campo d’azione per tutti gli estremisti. E l’estremismo sunnita è stato, come potrei dire, incoraggiato dalla strategia americana.
In Iraq, due logiche apparentemente inconciliabili agiscono in concomitanza. La prima è quella della guerra civile intercomunitaria. La seconda, che s’intreccia con la prima, è quella, ancora una volta, della guerra di resistenza contro l’Occidente. Questa non è certo condotta da santi non violenti. Non è neanche capace d’esprimere, in generale, dei progetti sociali ed antropologici in armonia ed al passo con la visione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo né con le avanguardie universalistiche non violente ed interreligiose, né, bisogna dirlo, con gli ambienti islamici più aperti e critici. Ma attenti, se il movimento non è in linea con le parole d’ordine delle elites libertarie, ciò non vuol dire che non veicoli delle esigenze autentiche ed esprima delle rivendicazioni legittime.
Comunque, non ci si può meravigliare nel notare che le masse popolari delle nostre regioni sperano che presto l’Iran sarà una potenza nucleare. E` sicuramente vero che un certo timore dello sciismo aumenta tra i sunniti; tuttavia una maggioranza è schierata a favore d’una rivendicazione considerata largamente giustificata dall’atteggiamento delle potenze nucleari più anziane, in particolare d’Israele e degli USA.
Il pantano palestinese rimane molto difficile da comprendere. Incastrati da Israele, sempre ciecamente appoggiato dai suoi alleati, i palestinesi cominciano ad uccidersi tra loro. E` rivoltante! La logica sarebbe quella di spingere i palestinesi, con la violenza bruta e spesso criminale, a chiedere in ginocchio una pace qualunque. Non ci si vuol render conto che Hamas rappresenta culturalmente l’incarnazione locale palestinese d’una rivendicazione islamica mondiale, ed invece si insiste sulla connessione terroristica globale proprio per negare la legittimità della rivendicazione di giustizia di tale movimento.
Certi appunto dicono che senza una soluzione della questione palestinese, sarà impossibile pacificare la regione e combattere efficacemente il terrorismo islamista. Occorrerà innanzittutto che la soluzione prevista sia giusta per poter sperare che sia efficace. In concomitanza, bisognerà occuparsi d’altre questioni, tanto sulle rive del vasto oceano musulmano quanto nel grembo di quel mondo.
Ovviamente, sono i musulmani stessi a dover lavorare alla loro propria evoluzione ma non in vaso chiuso. C’è e ci dev’essere uno spazio di riflessione e di partecipazione solidale d’altri attori. La nostra Comunità vorrebbe rappresentare un piccolissimo aspetto del servizio della Chiesa ad un’evoluzione dell’Islam che speriamo felice per la consolazione di tutti. Pensiamo anche che l’Islam nella sua complessità possa far molto per favorire un’evoluzione delle Chiese che riteniamo opportuna ed urgente. Ma questo è un tema da trattare un’altra volta.
Conclusione
Cari Amici,
Se approdate qui avendo letto tutta la lettera, allora bravi! Mentre se siete venuti a leggere direttamente la conclusione, allora siete ugualmente i benvenuti! Non cercheremo comunque di riassumere. Semplicemente ripetiamo qui il nostro grazie più cordiale ad ognuno per l’aiuto offerto in pensieri, parole e azioni...
Il Dio eterno e finale è allo stesso modo Dio che avviene nella nostra vita, i nostri sforzi, sogni, sviluppi, la nostra amicizia, solidarietà e presenza gli uni agli altri... Nella Chiesa, è la vita del Corpo mistico di Gesù di Nazaret, il Salvatore; nell’Islam, è l’efficacia della solidarietà invisibile dei credenti nell’Uno, chiamati ad un culto di sincerità, come fratelli nell’adorazione, che realizzano così la loro comune umanità. E` con questi sentimenti che concludiamo questa lettera per partecipare alla meditazione della sera e all’ufficio d’intercessione che segue, nei ranghi infiniti ed invisibili degli oranti.
La Comunità del Khalil
Le notizie di Deir Mar Elian
Cari Amici, Care Famiglie,
L’anno 2006 è stato carico, a livello umano ed ambientale, d’azioni e d’emozioni. Vogliamo quindi condividere con voi la nostra gioia in occasione di questi ultimi giorni d’abbondanti piogge che sono stati per noi, abitanti del deserto, una vera benedizione.
Il cantiere archeologico
Il lavoro è cominciato nel mese di marzo in un grande spazio nel cortile del monastero, con il lavoro d’una squadra della Direzione Generale della Antiquità e dei Musei di Damasco. Ceramiche ed altri oggetti che risalgono forse ai XIII e XIV secoli sono stati trovati con alcune tombe di monaci, di cui sapremo di più una volta eseguita l’analisi col carbone 14.
Una parte maggiore della porta dell’antica chiesa di Mar Elian, che risale al VII secolo, è attualmente in restauro al museo di Damasco, dove sarà presto esposta. L’albero di vita, animali e fiori sono scolpiti nel legno di cedro. Una sezione significativa d’un battente della stessa porta si trova al museo dell’Imperatore Federico a Berlino. Vorremmo che sia eseguita per il monastero una copia di tutta l’opera d’arte che costituisce un capolavoro unico al mondo.
La costruzione del nuovo monastero
Il 9 aprile è stato un grande giorno nella crescita del monastero. Abbiamo organizzato, con il consiglio parrocchiale e dei membri della comunità musulmana di Qaryatayn, una festa per la fine dei lavori della prima ala del monastero, costruito a nord dell’antico sito archeologico con pietre raccolte nel deserto e non tagliate, e composto d’una sala, due camere, cucina e servizi. Secondo la tradizione delle case locali, il tetto è in travi di legno.
Per l’occasione, erano esposti dei prodotti artigianali e degli strumenti di lavoro antichi, utilizzati ancora recentemente dalla gente della regione. Gli invitati erano numerosi: rappresentanti di famiglie musulmane e cristiane di tutta la città, che conta 30000 abitanti, il responsabile della comunità musulmana di Qaryatayn, lo sceikh Assad, il prete della comunità ortodossa Abuna Barsum, il direttore dell’Archeologia e del museo di Homs, i responsabili degli uffici pubblici...
Sotto una tenda beduina, che è un simbolo della vita quotidiana del passato e del presente legato all’identità degli abitanti, abbiamo accolto i visitatori con una tazza di caffè arabo per dare loro il benvenuto secondo la tradizione locale.
Nella sala nuova, Padre Jacques ha raccontato la vita di San Eliano (Mar Elian), la storia dell’antico monastero ed il ruolo notevole che ha avuto nella regione. Poi, ha presentato la comunità monastica di Deir Mar Musa che, in nome della Chiesa, ha preso in carico il progetto di restaurare il monastero e di rinnovare il suo ruolo spirituale e culturale. Ha anche spiegato che il nuovo monastero ospiterà dei monaci dedicati a Dio nella preghiera, la semplicità evangelica, il lavoro, la vita parrocchiale e sociale di Qaryatayn.
Infine, padre Jacques ha parlato della necessità di lanciare dei progetti turistici ed economici nella regione. Secondo le informazioni ottenute attraverso i reperti archeologici dei siti di Mari sull’Eufrate e di Qatna, presso Homs, la civiltà dell’oasi di Qaryatayn risalirebbe al terzo millennio avanti Cristo. Le numerose sorgenti d’acqua potabile attiravano i commerci, le carovane, i pellegrini e tutti coloro che percorrevano le antiche strade dell’Oriente. Testimoni di questa presenza, i caravanserragli situati intorno alla città. Infatti, durante la loro storia, gli abitanti di Qaryatayn vivevano di agricoltura, allevamento e relazioni commerciali con i nomadi e i carovanieri. I beduini venivano dalla regione di Hawran, a Sud della Siria, e dalla Penisola arabica (parecchie famiglie musulmane di Qaryatayn sono originarie di queste zone). Questa era la vita degli abitanti fino all’inizio del XX secolo. Con il mandato francese e la costruzione di ferrovie, i viaggi si sono sviluppati, le strade sono state asfaltate ed è arrivato il telegrafo e, un po’ più tardi, il telefono. Inoltre, da trent’anni circa, il terreno si è inaridito e la maggior parte delle sorgenti di Qaryatayn è morta; ciò che resta dà ormai pochissima acqua. A questo problema della siccità, si sono aggiunti la sedentarizzazione di alcune tribù beduine e l’aumento incisivo e veloce della popolazione. L’attività agricola è ormai insufficiente; aumentano povertà ed emigrazione. All’inizio, l’emigrazione si limitava ai cittadini che partivano nei paesi del Golfo ed alle persone, specie le più istruite, che si sistemavano nelle grandi città come Damasco e Homs. Nel corso degli anni, la popolazione cristiana è molto diminuita e la maggior parte dei giovani (i cristiani più delgi altri) è partita e parte ancora oggi per cercare lavoro.
La conclusione di padre Jacques, è che, con coscienza ed amore, vogliamo sviluppare insieme la nostra regione, per noi, i nostri figli e le generazioni future.
Dopo quest’intervento, la signorina Wurud, direttrice degli scavi, ha sottolineato, con l’ausilio di foto aere, il ruolo geografico di Qaryatayn nella storia, l’interesse archeologico e storico d’un tale cantiere e la sua importanza per la popolazione della regione. Il monastero di Mar Elian, uno dei rari situati nel deserto, è infatti l’unico in Siria a beneficiare di scavi archeologici. Per finire, descrisse le scoperte che sono state fatte e che mostrano come il monastero fosse in vita dal VI al XVIII secolo.
La nostra Diane, un ingegnere agronomo che aiuta la comunità di Deir Mar Musa, ha sottolineato l’importanza economica ed estetica del progetto agricolo del monastero ed il segno di speranza che rappresenta. Ha anche parlato degli esperimenti di coltivazioni di piante medicinali, aromatiche e foraggiere.
L’ultimo oratore, il signor Fadlalah, membro del consiglio parrocchiale, insegnante nella scuola tecnica di Qaryatayn e proveniente da una famiglia beduina cristiana locale, è stato fin dall’inizio impegnato nel progetto agricolo del monastero. Ha raccontato con forza ed emozione le differenti tappe della rinascita della zona, la sua gioia e la sua speranza; poi ha testimoniato dell’importanza della coltura dell’ulivo e della vigna di Qaryatayn (nota per l’ottima qualità). Ha anche menzionato le altre colture in corso: l’albiccoco, il mandorlo ed il melograno, che sono qui tradizionali e ben adattati. Infine, ha evocato la pratica e la necessità del sistema d’irrigazione a goccia.
Dopo una tazza di tè, si è svolta una tavola rotonda. Padre Paolo ha parlato del “Cammino di Abramo” e di Qaryatayn che potrà costituire una stazione su questo percorso. Tutti hanno insistito sull’importanza dei piccoli progetti, quali la ripresa della fabbricazione di prodotti tradizionali che integrano il progetto turistico ed economico. La giornata è finita con un gran pranzo beduino.
La chiesa ricostruita
Nel 2004, gli ingegneri e gli archeologi hanno preso la decisione di smontare e di spostare, di qualche metro, la chiesa del 1938 (epoca del vescovo Yussef Rabbani), ormai in cattive condizioni statiche e costruita sulle fondamenta ed i muri portanti d’una chiesa molto più antica e importantissima archeologicamente nella quale si trova la tomba di Mar Elian. In vista della ricostruzione della chiesa, sono state smontate le pietre bianche originali, molto decorative, sostituendo i mattoni di terra cruda con pietra non tagliata di color ruggine. La chiesa ricostruita sarà al servizio della vita liturgica della comunità monastica ed della vita parrocchiale, mentre l’antichissima chiesa, oggi riscoperta e restaurata molto semplicemente, è destinata alla meditazione ed alle visite dei pellegrini.
Ricostruita nel corso dell’anno, la chiesa è stata terminata il 9 settembre per il giorno della festa di Mar Elian l’eremita (morto nel 364). Durante questa giornata eccezionale, più di 1500 persone si sono riunite sotto la presidenza del Vescovo della diocesi di Homs, Monsignor Teofilo Giorgio Kassab, che ha celebrato la Messa sotto una grande tenda sistemata per l’occasione. Dopo la lettura del Vangelo e nel corso d’una processione solenne, consacrò la nuova chiesa con l’olio crismatico, accompagnato dal Nunzio apostolico, la comunità monastica di Deir Mar Musa ed i sacerdoti concelebranti. Tutti sono rimasti meravigliati davanti alla bellezza della chiesa che, con la sua architettura e i suoi colori, è in armonia con la regione e ben radicata nella tradizione liturgica della Chiesa siriaca d’Antiochia. Il giorno dopo, padre Jacques vi ha celebrato la prima messa con la comunità della parrocchia.
|
|
La parrocchia di Mar Elian
A Mar Elian, andiamo avanti insieme con coraggio per costruire un progetto spirituale ed economico adeguato ai nostri bisogni. Ma può realizzarsi soltanto con l’impegno ed l’aiuto dei nostri amici ovunque nel mondo.
Vogliamo fabbricare dei prodotti artigianali e tradizionali locali, come i tappeti ed i mantelli beduini. Vorremmo realizzare un frantoio a freddo perché la piantagione degli ulivi si sta sviluppando bene nella nostra regione. Le malattie dell’ulivo sono qui rare, e si possono ottenere dei prodotti di ottima qualità.
Il nostro obiettivo fondamentale è di creare un mercato per i nostri prodotti che favorisca l’econonia e lo sviluppo della nostra regione, e che ci permetta così di lottare contro la povertà e l’emigrazione. Abbiamo anche bisogno di fondi necessari al proseguimento degli scavi archeologici.
Vogliamo che la vita sia ancora possibile nel deserto, che la siccità della natura faccia sgorgare nel cuore dell’uomo delle sorgenti di buona volontà. Desideriamo che, quando il suo guardo si leva a contemplare il deserto, l’uomo sia spinto a costruire una civiltà basata sulla fede e l’amore e più rispettosa del valore di ciò che Dio ha creato per la gioia ed il bene di tutti.
Abbiamo fiducia in ciò che Dio ha posto sulla nostra strada; crediamo nella Providenza che si cura di noi attraverso tante persone di buona volontà.
Ringraziamo tutti coloro che ci permettono di proseguire la nostra strada e tutti coloro che ci hanno sostenuti ed incoraggiati nel nostro impegno.
Padre Jacques Mourad