Lettera agli Amici, dicembre 2004
Deir Mar Musa
Carissimi Amici di Deir Mar Musa, di Deir Mar Elyan e dello Studentato San Salvatore Cori, prima di tutto, tanti cari auguri di Buon Natale e Buon Anno!
È un fatto che il manoscritto della lettera agli amici del 2003 non ha avuto la fortuna d’essere digitata al computer e d’esservi inviata... Qualche parte di questa lettera sarebbe forse ancora attuale e vi promettiamo di prepararne l’edizione “al più presto”.
La nostra intenzione è ora quella di farvi gli auguri, informarvi brevemente delle nostre cose e indirizzarci di nuovo alla vostra generosità.
La Comunità di Cori è ancora formata da tre membri, quattro forse contando anche Don Ottaviano il quale ci accoglie nella sua parrocchia con un’ospitalità davvero evangelica e già araba.
Suor Huda, che ha terminato il biennio filosofico, s’è ormai lanciata negli studi teologici all’Università Gregoriana a Roma. Studia con molto entusiasmo con l’impressione che gli studi concorrono a sviluppare il suo carisma d’aiuto spirituale delle persone. Poco a poco, accetta più chiaramente il fatto d’essere chiamata a giocare un ruolo fondatore verso il gruppo femminile della nostra comunità. È previsto che torni definitivamente a Deir Mar Musa nel 2007, ma già assume le sue responsabilità, non fosse che via email, e torna comunque a Deir Mar Musa ogni estate.
Jens, avendo anche lui concluso il biennio di filosofia, continua con un anno di studi sulle Chiese Orientali ed il dialogo interreligioso. Comincerà la teologia l’anno successivo. Una religiosa, cara amica nostra, rivedendolo a Roma dopo alcuni anni, ha esclamato che Jens, adesso, aveva proprio acquisito l’aria d’un vero monaco!
Jihad, che aveva pronunciato i suoi voti monastici a Deir Mar Musa nel settembre del 2003, in presenza dei suoi parenti e dei suoi amici del paese, è ormai, con molto gusto, filosofo di secondo anno.
Nel frattempo l’antica cappella con presbiterio del San Salvatore, che ci è destinata, è in pieno restauro e già appare molto bella! Ancora più bella è la solidarietà della gente intorno a noi e quella della Diocesi di Latina.
Foto: Restauro del tetto della chiesa del San Salvatore a Cori
Deir Mar Elyan a Qaryatayn ci dà una sorpresa dopo l’altra. Il gruppo archeologico anglo-siriano ha scavato nel luogo della tomba di Sant Elyan e tutta l’antica chiesa in mattoni di terra cruda è miracolosamente riapparsa. Le pietre della chiesa del 1932 sono state numerate all’atto della demolizione ed essa sarà ricostruita poco più in là, mentre la chiesa ritrovata è stata restaurata in modo essenziale. Vi si trova un’atmosfera toccante che ci parla di spiritualità monastica e dell’umile fedeltà di quest’antica cristianità del deserto arabo.
Anche la chiesa della parrocchia è stata rinnovata e abbellita con tutta una serie d’interventi, compreso un magnifico mosaico sul frontone della chiesa, realizzato da dei giovani artisti siriani e rappresentante una copia dell’Annunciazione che era stata distrutta a Deir Mar Musa nel 1983. Il tutto dà un’impressione di pop-art orientale, naif, pia e simpatica. A Deir Mar Elyan, quando la chiesa del 1932 sarà stata ricostruita, continueremo a costruire il nuovo cortile del monastero, poiché il vecchio cortile e le costruzioni antiche, una volta finiti gli scavi, avranno un uso quasi esclusivamente museologico; e noi avremmo un grande desiderio d’una piccola e vivace comunità monastica.
D’altronde, la risposta positiva alla questione dello sviluppo socio economico costituisce, a Qaryatayn, una precondizione essenziale alla possibilità di mantenere una presenza cristiana minoritaria in questo contesto musulmano nel deserto siriano il quale, dal punto di vista culturale e tribale, si estende, in un continuo, fino al cuore dell’Iraq. La Direzione della Steppa (Ministero dell’Agricultura) collabora con noi nel riutilizzo delle vaste terre del Monastero di Mar Elyan.
Foto: frontone della chiesa parrocchiale di Qaryatayn
Una volontaria francese d’un’oraganizzazione cattolica, Diane, divide il suo impegno d’ingegnere agronomo tra Qaryatayn e Nebek ed assieme partecipa alla nostra vita.
Clode e Matilde, arricchiti della presenza della piccola e deliziosa Jona ed ispirati dall’ideale di Nazaret del Padre Charles de Foucault, mettono radici ormai da tre anni a Qaryatayn attraverso la vita coi vicini, il lavoro agricolo e la vita di parrocchia.
Qaryatayn, a mezza strada tra Deir Mar Musa e Palmira, giocherà in futuro un ruolo turistico più importante, una volta messa in evidenza la sua ricchezza archeologica che risale fino al terzo millennio avanti Cristo.
Padre Jak, cofondatore della nostra Comunità monastica e parroco della locale Comunità Siriaco Cattolica, è fortemente impegnato in tutto ciò. Ha dovuto tuttavia occuparsi a lungo della salute della sua mamma. Ora, con l’aiuto di diversi amici, le cose vanno meglio e Jak rinnova il suo impegno comunitario con una bella faccia piena di esperienza e di speranza, anche se segnata dalla sofferenza.
Deir Mar Musa oggi:
Sul piano comunitario ci sembra d’esser maturati. Il fatto è che ciò si fa il più delle volte passando per la difficoltà. Se la sofferenza non è vittimista e piagnucolosa, allora si finisce con il ben maturare ed una nuova gioia sorge all’orizzonte.
Butros, che aveva passato un anno fuori dalla Comunità, ha passato in Comunità un secondo anno considerato “penitenziale” ed ha infine ripreso l’abito monastico, circondato dalla gioia di tutti, nell’Agosto 2004.
Ramona ci ha definitivamente lasciati (il definitivo degli uomini e non quello di Dio) nel Giugno 2004. È stato duro per lei e per noi tutti. Che grande mistero è il vedere, col cuore ferito d’amore, Dio/persona svilupparsi nel contesto contraddittorio, e qualche volta nebbioso, dei nostri limiti, fedeltà e speranze!
Nel Settembre del 2003 Dima, di Homs, è entrata in noviziato. Licenziata in Inglese a Homs, dove ha conosciuto i Gesuiti benché sia appartenente alla Chiesa Bizantina Ortodossa, è impegnata in questo momento nel Mese Ignaziano di esercizi spirituali diretti dal Padre Paolo. È stata la prima ad andare ad abitare in modo continuativo al monastero del Hayek, oltre il ponte. Se tutto va bene, potrà probabilmente iniziare i suoi studi a Cori nel 2006.
Frederic, il nostro novizio savoiardo di secondo anno (ci sono tre anni di noviziato dopo quello di postulandato) è appena tornato da un pellegrinaggio al monte Atos e nei Balcani. Ne ha concluso, con entusiasmo, che la nostra vita monastica, benché realizzi uno dei colori della tavolozza vocazionale cattolica, specie nella relazione con l’Islam, ha acquisito qualcuna delle caratteristiche fondamentali del monachesimo orientale. Nei difetti come nelle qualità, Deir Mar Musa gli è parso un piccolo Atos. Qui è ben lanciato nell’apicultura biologica, e ciò gli da l’occasione di avere delle buone relazioni sociali. Non è infatti vano sottolineare che, per i musulmani, le api sono un popolo di credenti monoteisti poiché sono dolci, ben organizzate e desiderose di perseguire il bene comune. Anche lui, a partire dal 2006, si ritroverà in Italia per gli studi.
Simon, giovane cinquantenario libanese, prova la nostra vita per la seconda volta. Anche Aniela, trentenne polacca, ci prova... Speriamo di potervi dare più diffuse notizie in proposito nella prossima lettera agli amici.
Dal punto di vista dei collaboratori laici, bisogna notare il matrimonio di Mihyar, il nostro elettricista ed informatico, e quello di Basel che continua i suoi studi di turismo ad Oxford. Abbiamo ancora speranza che Basel verrà ad assumere la sua responsabilità al servizio dello sviluppo del suo Paese.
Amin “il grande”, padre felice d’un terzo figlio, trasforma sempre più i diversi cantieri di Deir Mar Musa in occasioni di formazione professionale per alcuni giovani di Nebek che imparano, sotto la sua direzione, ogni genere d’arte, al fine di lanciarsi poi sul mercato del lavoro.
Marwan e Marwa hanno avuto un secondo figlio. Vorremmo a Nebek, come a Qaryatain, inventare insieme qualcosa di sociale, economico e culturale per tutte queste mamme che rischiano di chiudersi in casa disperdendo le loro capacità.
Alcuni di voi hanno gia udito la storia di Elias il quale, caduto dall’alto del monastero fino al fondo della valle, è stato salvato da un miracoloso concorso di circostanze ed ha potuto riprendere dopo tre mesi il suo lavoro a Deir Mar Musa.
Khulud, giovane donna di Damasco che ha lavorato qui quasi un anno nell’organizzazione dell’ospitalità, rischia di cambiare qualifica e di considerarsi in fase di postulandato.
Dal Settembre del 2004 la nostra equipe s’è arricchita della presenza di Eglentinne, volontaria d’una ONG di Lione. È di formazione filosofa e si è impegnata a riorganizzare la nostra biblioteca e a promuovere lo sviluppo delle attività culturali, soprattutto nel campo interreligioso, del Monastero. Si ritrova tuttavia spesso ad aiutare Paolo nelle tante cose da pensare e da scrivere, e, tra l’altro, questa lettera.
Helene, parigina, ha lasciato Homs e si considera in anno sabatico qui da noi. Segue...
Il cantiere di Deir al-Hayek prosegue a tutta forza. Nove camere sono già utilizzate, di cui cinque in modo continuativo, da suore ed ospiti donne. Il porticato davanti alla grotta dell’eremita è quasi finito. Prevediamo di finire nei prossimi tre anni, per avere così un complesso di trentacinque camere e servizi per la comunità femminile d’un lato e i ritiri e i seminari dall’altro. Abbiamo inaugurato la grande sala (tra i cento ed i cento cinquanta posti), anche se ancora da rifinire, in occasione del nostro seminario di primavera.
Quest’anno 2004, il seminario era su “Monumenti storici e biosfera”, poiché si celebrava la fine del restauro della chiesa del monastero di Mar Musa. Questa grande avventura di restauro era iniziata nel 1983 quando recuperammo la pesante porta in ferro dal fondo della valle per nasconderla in un buco nel monastero... L’Europa ci ha aiutati nel 2002 e il 2003 e c’è stata una serie fantastica di scoperte. Il valore storico ed artistico del sito ne esce raddoppiato. Il Signore sia lodato e siano ringraziati tutti coloro che hanno partecipato!
Foto: restauro del tetto della chiesa di Deir Mar Musa
Non meraviglia dunque notare che abbiamo utilizzato, dall’inizio del 2004, quarantotto mila bicchieri di plastica (il che dovrebbe significare qualcosa come trentamila presenze, con una maggioranza di locali, soprattutto musulmani). Naturalmente ci piacerebbe trovare una soluzione più ecologica per dissetare i nostri ospiti.... benvenute le buone idee!
Le attività di dialogo interreligioso più formali hanno un pò rallentato anche a causa della complessa evoluzione della nostra Comunità monastica. Abbiamo tuttavia organizzato un seminario di quattro giorni nel Luglio del 2004. Si è ovviamente svolto nella nuova sala che abbiamo dedicato a Mary Kahil, la coofondatrice egiziana, con Luis Massignon, dell’associazione cristiana d’amore dell’Islam nota come la Badaliya. Il tema del seminario era: “La problematica del riconoscimento dell’Altro”. Degli amici rappresentativi dei diversi Islam e delle Chiese hanno messo in comune esperienze ed idee. Resta il desiderio di pubblicare i seminari scorsi e di fare in futuro di più e meglio.
Abbiamo infine ottenuto che il Ministro dell’Agricoltura dichiarasse una vasta (circa sei chilometri quadrati) Oasi di Protezione Naturale, ma anche culturale e religiosa, attorno al monastero. Una commissione ministeriale ne assicurerà la direzione in stretta collaborazione con noi. È un passo importante nell’oraganizzazione dell’afflusso turistico che deve coniugarsi con delle attività capaci di promuovere uno sviluppo duraturo. Tali attività dovranno svolgersi in uno stile spiritualmente profittevole per tutti e non distruttivo nei confronti della nostra vocazione monastica.
Presto le nostre capre dovranno sloggiare poiché la pastorizia è vietata ormai, anche se temporaneamente, nella zona protetta. All’esterno di tale zona, al posto del vecchio garage, ad Ovest, stiamo costruendo un ovile, con abitazione per la famiglia d’un pastore, ma anche con degli spazi per noi poiché non vogliamo rinunciare a lavorare con il gregge. Sulle terre del Monastero, subito fuori dalla zona protetta, abbiamo piantato molte piante locali da foraggio e speriamo di rendere più importante, razionale e redditizia quest’attività.
Il diciassette Novembre, Paolo ha festeggiato i suoi cinquant’anni, circondato dall’affetto di presenti ed assenti. Tra l’altro ha ricevuto in regalo un collage storico sulle tappe più importanti della sua storia d’amore con il Signore, specie quelle che ci hanno, noi pure, coinvolto in quest’avventura. Tra le tappe da sottolineare, bisogna notare, nel Luglio 2003, i suoi ultimi voti da gesuita, dopo ventott’anni di vita religiosa, nella casa di esercizi spirituali di Tuffaha, circondato nella gioia dai suoi compagni tanto gesuiti che marmusiani.
La vigilia dei suoi cinquant’anni, aveva commesso la follia, già alquanto senile, di traversare a nuoto il lago della diga che l’eccezionale pioggia e grandine avevano fatto traboccare. I depositi d’argilla importanti, portati dal torrente, aiutati dal fieno e la segatura che abbiamo gettato nell’alveo, hanno reso la diga quasi stagna e dunque possiamo cominciare ad utilizzare l’acqua. Se l’impermeabilità della diga si perfezionasse ulteriormente, cominceremo ad allevare dei pesci gatto... con immensa soddisfazione, tra gli altri, dei nostri felini domestici.
La Comunità è stata impegnata nell’anno 2004, a rivedere interamente, sulla base delle importanti e costruttive osservazioni della Santa Sede, la traduzione italiana della nostra Regola monastica che era stata redatta in arabo nel 2002 e consegnbata in italiano al Vaticano nel 2003. Ciò segna una tappa importante del nostro cammino nella Chiesa ed abbiamo motivo d’avanzare fiduciosi specie dopo la bella visita del nuovo Nunzio Apostolico a Damasco che ha condiviso la nostra vita durante un simpaticissimo finesettimana.
D’altrocanto, il nostro fondatore è impegnato in un dialogo dogmatico approfondito e disponibile con Roma su questioni centrali per noi come il dialogo islamocristiano, il valore religioso dell’Islam nella storia spirituale dell’umanità e, in definitiva, il come essere discepoli di Gesù di Nazaret oggi in contesto musulmano. Noi riteniamo che questo dialogo ecclesiale costituisca una grazia per noi tutti poiché ci aiuta a ricentrarci nel nostro impegno di Chiesa, nella fedeltà e nella testimonianza alla nostra particolare vocazione.
Vorremmo affidare alla vostra preghiera, ma anche alle vostre idee, un sogno. Si tratta di partecipare all’organizzazione ed alla strutturazione d’un itinerario permanente (da percorrersi soprattutto a piedi, desiderandolo, nello stile del Cammino di Compostella) denominato il “Cammino d’Abramo”. Delle iniziative in questo senso già esistono come espressione d’un desiderio di riconciliazione tra figli d’Abramo. Dei pellegrinaggi sono organizzati a partire dall’Europa; e spesso riceviamo qui dei pellegrini che vanno in Terra Santa a piedi o in bicicletta. La novità sarebbe quella di fondare un itinerario stabile ed organizzato a partire da Urfa e Harran in Turchia, passando per la Siria (evidentemente per Deir Mar Musa) ed andando in Terra Santa attraverso la Giordania ( forse anche un giorno prendendo la variante del Golan e dell’Hermon), per raggiungere Gerusalemme e concludersi ad Hebron, in arabo “al-Khalil” (l’Amico di Dio), luogo della tomba del Patriarca, il Padre dei Credenti. È lì che Isacco (che gli ebrei considerano loro padre) e Ismaele (considerato loro antenato dai musulmani) s’abbracciarono il giorno della sepoltura del loro genitore. Il sogno che cresce nei cuori, un pò dappertutto, è quello di realizzare un pellegrinaggio che non sia solo quello degli ebrei, dei musulmani e dei cristiani, ma anche un cammino per ogni credente, d’ogni tradizione, che possa venire a camminare assieme, nell’arricchimento fraterno e reciproco, con i figli della tradizione abramitica biblico-coranica.
In conclusione di questa lettera vogliamo condividere con voi due preoccupazioni. La prima e principale è quella di non abbandonare, ciascuno al suo posto, il combattimento non-violento per la pace e la giustizia: sforzo, gihad eterno ed intestardito in una pazienza geologica e d’uno spessore esistenziale totale. Tra i lettori di questa lettera ce n’è d’ogni tradizione e contesto culturale, politico e religioso... è solo proiettandosi, dinamicamente, al di là d’ogni appartenenza bloccata, che – spinti in avanti e verso gli altri da un desiderio d’armonia e di bellezza che, lo crediamo, tutti ci attira – ci ritroveremo fratelli, alleati e complici, bagnandoci l’un l’altro di lacrime di perdono. Non è qui il luogo adatto per fare tutta la lista della geografia dell’orrore dei nostri giorni... di fatto siamo, in Siria, a mezza strada tra Iraq e Palestina-Israele, in un’oasi così fragile ed esposta. Assordati dalle grida di terrore ed ammutoliti dal sentimento d’impotenza, siamo rinviati alla preghiera d’intercessione, come superstiti di bombardamenti e profughi in fila a mendicare il cibo per la sopravvivenza, con in più lo scrupolo di codardia di coloro che non si trovano in prima linea...
Esprimiamo il nostro combattimento nello sforzo quotidiano di rinnovare la gioia, di condividere ciò che c’è, di fare comunità in un’apertura spesso fallimentare. È qui che tocchiamo la seconda preoccupazione.
Onestamente non possiamo che ringraziare, faccia a terra, la Buona Provvidenza che non ci fa mancar nulla dei bisogni quotidiani: i nostri, quelli dei nostri collaboratori e quelli di alcuni tra i tanti poveri. Siamo cordialmente riconoscenti verso la generosità dei nostri amici, istituzioni e privati. I Monasteri (a Nebek, Qaryatayn e Cori) sono ancora in fase di fondazione. Facciamo di nuovo appello al vostro desiderio di condividere il nostro sogno. Vorremmo condividere con voi la gioia di partecipare a far nascere e sviluppare una realtà che dica ospitalità e comunione nell’ambito dell’incontro islamocristiano. Questo, concretamente, vuol dire: delle borse di studio, dei finanziamenti per costruire ed attrezzare le strutture d’accoglienza e le inmfrastrutture eco-turistiche (pensiamo che il turismo costituisca un’occasione formativa e che percorrere la nostra valle, per una volta in silenzio, possa portar frutto lungo tutta una vita), ma anche degli aiuti che ci aiutino ad aiutare (delle giovani famiglie, degli emarginati, dei casi sociali e delle vittime d’ingiustizia, specie contro la libertà di coscienza). Certamente non abbiamo oggi quanto occorrerà per l’anno 2005. Siamo tuttavia ricchi della vostra fiducia.
Non possiamo pretendere di ricordarci di tutti i nomi né di tutte le facce... ma facciamo ogni giorno l’esperienza concreta di questa rete d’intercessione, solidarietà, amicizia, povera preghiera.
La Comunità Monastica de al-Khalil