Deir Maryam el-Adhra, Sulaymanya, Regione del Kurdistan, Iraq
Cari amici,
speriamo che questa lettera vi troverà tutti nella gioia e nella pace in famiglia, nelle vostre occupazioni, la pace del Signore !
Siamo un po' in anticipo sul nostro tradizionale messaggio di Natale e vi scriviamo in occasione dell'ordinazione sacerdotale di Frate Jens a Sulaymanya.
Troverete dunque in questa lettera le nostre prime impressioni su questa nuova fondazione monastica, seguite da un testo di Jens, ormai «Abuna Yohanna». Siamo ovviamente in contatto e in unione di preghiera coi fratelli e le sorelle di Mar Musa e Mar Elian in Siria: restano saldi nella vocazione e fedeli alle relazioni stabilitesi lungo gli anni, nonostante la tragedia in corso. Presto vi scriveranno dalla Siria.
Come sapete, Monsignor Louis Sako, vescovo di Kirkuk dei Caldei, personalmente impegnato nel dialogo islamo-cristiano, ci ha invitato a fondare una comunità nella sua eparchia (diocesi orientale). Questo costituisce per noi un segno importante di comprensione e interesse per la nostra vocazione da parte delle Chiese orientali, e qui in modo particolare da parte della «Chiesa dell'Oriente» (altro nome della Chiesa Chaldea) la quale, non essendo mai stata una Chiesa di stato, è erede d'una ricchissima esperienza storica d'interazione coll'Islam e di apertura verso l'Est, dall'Iran alla Cina.
Sulaymanya è una città curda musulmana, dove vive una comunità cristiana composta (per semplificare un poco!) da due elementi: i Cristiani le cui origini risalgono in epoca più o meno lontana alle contrade di montagna del Nord (che parlano il caldeo pur sapendo anche il curdo e un po' d'arabo) e quelli che sono fuggiti negli ultimi anni da Baghdad, da Mosul e da altre città del Sud (e parlano l'arabo come prima lingua). Ci sono delle famiglie locali dove si parla il curdo a casa, e probabilmente i giovani parleranno sempre più questa lingua, sull'onda dell'integrazione sociale, del sistema scolastico et della dinamica nazionale di questa regione. Questo è il nostro orizzonte linguistico, un orizzonte originale poiché la Chiesa cattolica non ha celebrato o cantato finora il mistero di Cristo in questa lingua. Al contempo rimaniamo radicati nell'arabo, lingua della nostra relazione intima coll'Islam. Celebreremo anche una messa di rito caldeo in inglese per i numeri stranieri che risiedono in città.
Abuna Yohanna ha eletto domicilio nella chiesa della Vergine Maria (Maryam el-Adhra) nel Febbraio del 2012, e fratel Sebastien lo ha raggiunto in Ottobre. Questa chiesa, situata nel quartiere storico di Sabunkaran («i fabbricanti di sapone») costituisce, con gli edifici annessi, un luogo bello e calmo dove si percepisce una radice (costruzione del 1862, in una città di appena più di due secoli). Speriamo di poterne fare un luogo aperto e vivo, un «nodo di relazioni» come diceva Charles de Foucauld a proposito dell'Assekrem; un luogo che acquisterà progressivamente la sua identità attraverso la presenza orante, dove ogni persona sarà accolta, non da noi in verità ma da Colui che ci ha accolti qui nella Sua casa.
Noi siamo adesso in una fase di installazione. Scopriamo la parrocchia e l'eparchia, i preti e i vescovi della zona, la liturgia, la città, la bella regione, la municipalità, gli sceikh musulmani, e quotidianamente i negozianti, i vicini... Jens era diventato diacono in Settembre, e poi prete il 23 di Novembre, in une cerimonia veramente bella, serena e gioiosa. Sebastien, entrato in noviziato in Settembre, studia per una parte del suo tempo nella facoltà di teologia di Babel, ormai spostatasi ad Erbil, capitale della regione del Kurdistan iracheno.
È naturalmente troppo presto per definire l'identità di questo monastero... Diventerà ciò che le Spirito ispirerà di farne ai vicini, agli abitanti, ai monaci e alle monache, ai visitatori, ai musulmani che vengono qui a volte per pregare di fronte alla piccola icona di Maria (speriamo di completare in futuro questo luogo di devozione, forse con un mosaico). La nostra collocazione, in città e non nel deserto, svilupperà un altro tipo di vita contemplativa. Certo, alcune idee già ci vengano in mente: attività culturali e caritative potranno innestarsi sul tronco della vita di preghiera che ritma la nostra giornata. La regione, verde e montagnosa, sarebbe perfetta per organizzare delle camminate, sistemare un eremitaggio (in uno stazzo di pastori?) e anche per una casa di ritiri spirituali...
La chiesa è in discrete condizioni, ma gli altri edifici richiedono subito lavori per poter accogliere delle sorelle monache, degli ospiti e offrire anche dei servizi decenti alle guardie “peshmerga” che il governo regionale staziona davanti ai luoghi di culto. Coll'aiuto d'un ingegnere iracheno, abbiamo pianificato l'allestimento di tre camere, quattro bagni (di cui uno per portatori di handicap), un ufficio, una cucina con zona pranzo e una biblioteca/aula polifunzionale. Il costo totale di questi lavori, tenendo conto della partecipazione dei monaci e di volontari locali o stranieri, è stimato a 45 000 dollari.
La regione del Kurdistan (Ministero degli Affari religiosi) dovrebbe finanziarne una parte, e ci rivolgiamo alla vostra solidale generosità per l'altra.
Durante l'ordinazione di Jens/Abuna Yohanna, era commuovente vedere questo patchwork di cristiani di tutto l'Iraq alzarsi e cantare ad una sola voce i loro antichi canti caldei, esprimendo così una comunione di speranza che è al tempo stesso speranza di Chiesa, di armonia sociale e di convivenza inter-religiosa. Hanno sottolineato che era la prima ordinazione celebrata in Sulaymanya ... si gustava un buon sapore di futuro che vorremmo condividere con voi in occasione della festa di Natale ormai prossima!
Tante persone hanno contribuito a questo momento del mio percorso spirituale che condivido con voi adesso e vorrei ringraziarle tutte.
Scelgo mio padre e mia madre come rappresentanti di tutti. Erano non credenti e sentivano sfiducia nei confronti della Chiesa. Tuttavia mi hanno mostrato, coll'esempio della loro vita, la considerazione e il rispetto dovuti a ogni uomo e donna. Attraverso tutta la loro vita hanno testimoniato che ogni persona bisognosa merita il nostro aiuto e che questo aiuto può essere offerto in un modo che rispetti la dignità dell'altro.
I miei genitori mi hanno insegnato a non usare il pronome «loro» per dire un'esclusione dal «noi», ma al contrario a vedere sempre in questo «loro» un'opportunità e un incoraggiamento per l'integrazione del vicino, dello straniero. Benché i miei genitori fossero impegnati in politica, non hanno mai permesso alle appartenenze partitiche di dominare le relazioni colle persone attorno a loro.
Vorrei anche ringraziarli per la testimonianza d'una vita di fedeltà matrimoniale e di pazienza, nutrite da un amore profondo l'uno per l'altro.
La terza testimonianza che i miei genitori mi hanno offerto attraverso la loro vita fu la loro apertura sul mondo: non era evidente, dopo le brutalità alle quali hanno assistito durante la seconda guerra mondiale. Si trattava in realtà d'una decisione cosciente, quella di non lasciarsi paralizzare da questa memoria ferita ma al contrario di partecipare attivamente alla costruzione d'un mondo nuovo.
Questa testimonianza così importante dei miei genitori nella mia vita pone una domanda: son forse fuggito, diventando monaco e adesso prete, dalla grande responsabilità di educare dei figli affinché diventino membri responsabili della società? C'era un tempo in cui, da giovane, pensavo di fondare una famiglia. Questo progetto fallì, e in parte a causa dei miei propri peccati. Questo ci mostra che i buoni esempi non bastano: bisogna poi impararne qualcosa e metterlo in pratica.
Negli anni di gioventù, provavo sempre una chiamata verso un altra dimensione della vita. Questo mi a messo in contatto col mondo spirituale e progressivamente mi ha preparato a sentire la voce di Dio e a interessarmi alla religione, alle religioni. La prima chiara esperienza di questo genere fu la chiamata a andarmene verso l'Oriente. E la seconda fu quando Dio mi rivelò che gli appartenevo.
Con una tale rivelazione era assai facile scegliere la vita consacrata. Ho quindi vissuto degli anni felici in monastero, impegnandomi nella comunità e i suoi progetti, senza riflettere veramente sul mio proprio ruolo in essa. Ma non potei scappare a lungo da questa questione del ruolo e qui, coll'aiuto di Monsignor Louis Sako e quella della comunità pastorale di Kirkuk e Sulaymaniya, ho potuto finalmente affrontare la questione e assumere il ruolo.
Intellettualmente, e ancora di più nei loro sentimenti intimi, monaci e monache possono immaginare che coi loro voti rinunciano alla fecondità. Ma oggi, Padre Stefan (anziano vicario episcopale di qui) mi ha iniziato a un grande mistero allorché mi ha condotto dall'altare, dove si celebra il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo, al fonte battesimale come luogo simbolico del mio futuro apostolato. In effetti il battesimo offre vita nuova e il prete che lo celebra diviene in qualche modo parente del battezzato.
Eppure mi chiedo se, con tutti i miei peccati, ho ancora il diritto di partecipare in questa fecondità apostolica. È propriamente questa la domanda di Isaiah, al momento di offrirsi come messaggero e profeta. Ed è questa la domanda che mi ha preoccupato oggi. Ma quando raggiungiamo il fondo di questa crisi, è allora che il Signore interviene. Egli prende su di sé ciò che non riusciamo ad assumere. Agendo così, egli non cancella la nostra partecipazione e al contrario promuove la nostra collaborazione alla costruzione di un mondo nuovo, nella prospettiva del Regno dei Cieli.
Il Signore vuol vedere il suo Regno realizzato pienamente nella vita che ha creato, in compagnia con tutte le persone a chi egli a donato un'anima. Per questo ha mandato il suo Figlio il quale ha donato lo Spirito Santo perché lavori dappertutto e affinché coloro che sono fuori dal gregge visibile di Gesù Cristo possano anch'essi imparare a fare la volontà del Padre. È in questo modo che fu possibile la comprensione e l'accettazione della volontà di Dio da parte della Vergine Maria.
Mi trovo qui in Kurdistan seguendo ancora questa chiamata che mi ha fatto uscire dalla Svizzera vent'anni fa. Stavolta la voce e più complessa e procede certo dal mio discernimento ma anche da quello della mia comunità e da quello della chiesa locale di Kirkuk e Sulaymaniya. Sarebbe auspicabile che la voce di Dio fosse più chiara? Non ci è diventato evidente che Egli si compiace di agire attraverso le persone, affinché possano avanzare con libertà sulle le Sue vie...
Amen